OSSI DURI - La storia di Matteo
1989.
Se c’era una promessa dello sport, quella ero proprio io!
Mi chiamo Matteo Storchio, abito a Mantova, in Lombardia (Italia).
Sono nato nel 1974, quindi, ad oggi, ho 51 anni.
La mia storia vuole essere di supporto e d’incoraggiamento per tutti quelli che stanno affrontando questa brutta bestia.
Partiamo dall’inizio.
Verso Natale del 1989, avevo 14 anni, a seguito di una lite con un mio compagno di classe, ho preso una brutta botta all’omero destro. Il dolore era estremo, neanche lontanamente compatibile con il trauma subito. Dopo un po’ il dolore era cessato, ho passato bene le feste di Natale e poi sono tornato a scuola dopo l’Epifania. Durante un’ora di ginnastica ad un sollevamento con la scala orizzontale, ho avvertito ancora quel dolore lancinante. La sofferenza non passava ed i miei genitori, dopo qualche giorno, decisero di portarmi al pronto soccorso per fare degli accertamenti. L’ortopedico di turno, vedendo le radiografie, ha subito intuito che c’era qualcosa di non bello evidenziato dalle lastre. Mi hanno ricoverato immediatamente all’ospedale di Mantova. Dopo vari accertamenti (compresa un ago-biopsia) mi dissero quale fosse il mio problema: Sarcoma di Ewing e che a Mantova non ero curabile. Per aver un trattamento adeguato avrei dovuto spostarmi o in Europa o in America.
Fortunatamente mi dissero che c’era anche un istituto a Bologna che si occupava di queste patologie. L’ortopedico non aveva dubbi considerando l’istituto di Bologna il posto giusto dove curarmi.
I miei genitori mi hanno messo in lista d’attesa e nel giro di qualche mese (fine marzo) mi ricoveravano al Rizzoli (IOR) che da allora ho imparato amichevolmente a chiamare “Hotel Rizz”. All’inizio sono stato accolto in un reparto che allora veniva chiamato “Clinica Bimbi”. In questa divisione per almeno 15 giorni ho fatto tutti gli esami, gli accertamenti, una biopsia più accurata ed hanno confermato il Sarcoma di Ewing.
Il primo step è stato di due cicli di chemioterapie.
Per me, che non avevo mai avuto niente in vita mia, è stato un incubo terribile. A quel tempo mia madre poteva stare in reparto di giorno solo qualche ora, ma non poteva stare nelle ore notturne. Vi garantisco che passare la notte da solo, a 14 anni in quelle circostanze, è stata un’esperienza tremenda.
Le terapie si svolgevano ogni 21 giorni (in reparto) ed a casa mi hanno somministrato 2 dosi di chemioterapia.
Qualche tempo dopo sono stato operato, mi hanno rimosso la parte diafisaria dell’omero, mantenendo le epifisi, hanno reciso anche i muscoli che insistevano su quella parte, al posto dell’osso mi hanno installato una protesi metallica in titanio. Tralascio il trauma che ho passato nel vedermi trasformato da un ragazzo sportivo ed atletico in un persona deformata che doveva stare attento a tutto.
Ad operazione terminata, il protocollo di terapia prevedeva un ciclo di 28 somministrazioni di radioterapia all’omero destro e altri 10 cicli di chemioterapia. Il tutto si è svolto all’ospedale Sant’Orsola Malpighi a Bologna. Finiti questi cicli interminabili di terapia (il tutto è durato esattamente un anno), mi sono ritrovato ad effettuare controlli periodici all’inizio ogni mese, poi 2 mesi, poi 3 mesi, 4 mesi, 6 mesi, un anno e 2 anni alternati tra visite ortopediche e visite oncologiche.
Superati tutti questi traumi con un incredibile sforzo per accettarmi e per accettare tutto quello che mi era successo, mi ritrovo oggi a 36 anni da quell’evento, con una protesi installata della quale mi avevano dato garanzia di al massimo 150/180 mesi dopo di che avrei dovuto revisionarla e farmi operare di nuovo.
Ebbene, ad oggi, di mesi ne sono passati oltre 420 ed a parte qualche dolore sporadico, nessun problema!
Sono ancora qui! Con i miei limiti, ma faccio tutto quello che una persona normale può fare a 51 anni suonati.
Da questa terribile malattia rara, si può guarire ed io ne sono una dimostrazione!
E’ stata dura? E’ stata dura, certo!
E’ dura? E’ dura, certo!
Sarà dura? Sarà dura, certo!
Serve coraggio, forza, determinazione ed anche un po’ di inconsapevolezza, ma con questi atteggiamenti ce la si può fare!
Sforzatevi di avere un atteggiamento positivo; è fondamentale!
Il Sarcoma di Ewing, come ho scritto prima, è una brutta bestia; allora, dissero a mio padre e a mia madre, che avrei avuto la possibilità di farcela in un ordine variabile tra il 15% e il 20%, sicuramente, oggi grazie alla ricerca scientifica, quelle percentuali sono molto diverse..
Questa malattia mi ha dato una severa lezione e purtroppo non è stata nemmeno la sola, ma questi potrebbero essere altri libri da scrivere; ve li risparmio!
Oggi mi sento forte come un tuono e cosa importantissima è che ho imparato a godermi tutto, colgo certi aspetti della vita con una sensibilità che non avevo prima ed, in generale, apprezzo tutto e di più!
Vi garantisco che ho cercato di concentrare il racconto del mio percorso il più possibile, ma vi assicuro che si poteva scrivere almeno 100 volte tanto!!
Ringrazio ancora e ancora i miei familiari, i miei amici, i medici e gli infermieri, senza di loro, verosimilmente, non ce l’avrei fatta!
A VOI AMICI che mi state leggendo, compagni di avventura, o di “sventura”, dedico questa testimonianza e spero che questa mia esperienza vi sia d’incoraggiamento e supporto durante questa terribile prova.
Non siete soli!
Un abbraccio
Matteo.
